“Gli
intellettuali ai politici:Salvate il San
Carlo”
Assemblea a Palazzo Marigliano, l’appello del mondo culturale:il
Teatro partenopeo ha la priorità assoluta nell’agenda della
Repubblica.
Da “Napoli più”12 febbraio 2006
Il tempo scorre veloce e la crisi che attraversa il San Carlo potrà
essere scongiurata solo con un intervento immediato e risolutivo delle
Istituzioni. Da Palazzo Marigliano l’appello è chiaro:
Il San Carlo deve essere assunto come priorità assoluta all’interno
dell’agenda politica statale. L’attacco e la critica sono
rivolti alla decurtazione del Fus (Fondo unico dello spettacolo) ridotto
a meno di 380 milioni di euro con la Finanziaria 2006, una cifra del
tutto inaccettabile che intacca non solo il patrimonio culturale del
Paese, ma anche un diritto fondamentale per la formazione culturale
dei cittadini.
All’assemblea, promossa da Gerardo Marotta, Guido Donatone, presidente
di Italia Nostra, e Gioacchino Lanza Tommasi, sovrintendente dell'Ente
lirico, mostrano le spaventose cifre del disavanzo accumulato dal 2000.
Da quando il Ministero ha invitato a diminuire la produzione e a compiere
innumerevoli tagli,la situazione ha superato il campanello d’allarme
e porterà necessariamente alla chiusura di tutte le fondazioni
italiane. Lo stesso Buttiglione ha affermato che vanno rivisti i tagli
e l’Unione ha dichiarato che in caso di vittoria si impegna a
portare il Fus a 535 milioni di euro. In ogni caso è indispensabile
per il San Carlo una ripatrimonializzazione e la stabilizzazione del
debito. E al più presto.
Per quanto riguarda la situazione campana, Lanza Tommasi mostra che,
nonostante vi sia stato un forte investimento che ha riguardato i beni
culturali di tutta la Regione, il problema da risolvere riguarda il
coordinamento delle diverse iniziative che spesso si basano su delle
pulsioni momentanee e che alcune volte finiscono addirittura col contraddirsi
a vicenda. Cita a modello la Spagna dove la valorizzazione massima degli
enti e dei beni culturali è frutto di un mirato progetto politico
basato sull’idea che si debba attuare uno sviluppo sostanziale
ed unitario e non vivere alla giornata. D’altro canto, spiega,
l’attività culturale richiede un investimento non altissimo
rispetto ad altre emergenze sociali e territoriali, ma rappresenta ,
allo stesso tempo, una grande risorsa se si accetta l’idea che
la Campania non attira turismo di massa, ma può, e deve, rilanciare
un turismo culturale. Ma si badi bene, un progetto per il futuro di
Napoli e della Campania non deve escludere dalle conferenze di servizio
le autorità competenti in materia, gli addetti ai lavori, che
hanno bisogno di essere ascoltate e coordinate da una guida politica.
Altro tema scottante, sollevato da Alberto Lucarelli, riguarda la Riforma
del titolo V della Costituzione che prevede il frazionamento di tre
funzioni: tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali. A ciò
corrisponde, simmetricamente, la frammentazione della crescita degli
individui stessi. ( Maria Federica Paolozzi).
“Farmaci
antitumore “nascosti” perché
troppo costosi”
La denuncia porta la firma di Palazzo Marigliano che punta l’indice
contro lo smaltimento dei rifiuti tossici. Impennata dei malati nell’area
Nord.
Da “Napoli più” 19 febbraio 2006
La denuncia
è di una gravità assoluta: vi sono farmaci che potrebbero
curare i tumori maligni, ma il sistema sanitario non è in grado
di sopportarne l’alto costo.
Così, all’assise cittadina di Palazzo Marigliano, si torna
a parlare del problema dei rifiuti tossici in relazione alla diffusione
dei tumori.
Il ruolo degli intellettuali si definisce, in questo modo, per quello
che dovrebbe essere: ruolo di denuncia, di “controinformazione”,
se così è lecito esprimersi, di sollecitazione e di proposta.
Questa volta l’obiettivo è puntato sui devastanti effetti
sulla salute, in particolare sulla mortalità tumorale, e il compito
di focalizzare il problema è affidato a Giuseppe Comella, direttore
della struttura complessa di oncologia medica dell’Istituto nazionale
Tumori. L’appello di Comella tocca due punti fondamentali: primo,
la correlazione, sempre più evidente, benché non ancora
del tutto dimostrata scientificamente, tra l’aumento del numero
dei tumori maligni e la presenza di aree adibite a scarico dei rifiuti
nelle campagne della Campania; secondo, il non sufficiente finanziamento,
previsto dal piano per l’Equilibrio Economico della Sanità
deliberato dalla Regione Campania, per far fronte agli investimenti,
cospicui ma necessari, nei farmaci di ultima generazione (target-therapy)
per la cura dei tumori.
Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, recenti studi hanno
dimostrato l’incremento delle malattie tumorali e della mortalità
in quelle zone, Area Sud della provincia di Caserta ed area Nord–Est
della provincia napoletana, in cui è forte la presenza di smaltimento
illegale e non controllato e la conseguente produzione di agenti tossici
quali la diossina. Nei Comuni di Giugliano, Qualiano e Villaricca, dove
la criminalità organizzata fa dello smaltimento illegale un vero
e proprio business, le percentuali di mortalità dovute e tumori
maligni sono altissime: circa il 30% degli uomini ed il 20,5% delle
donne.
Di fronte a questa situazione catastrofica, dove la camorra controlla
circa 5.000 discariche abusive, sotto lo sguardo silenzioso e impotente
di tutti, è doveroso che il governo nazionale dichiari lo stato
d’emergenza ed intervenga anche attraverso la mobilitazione delle
le Forze armate.
Nel frattempo, non solo si ignora quella che è la possibile e
principale causa della diffusione dei tumori, ma, denuncia Comella,
l’utilizzo di farmaci che aumenterebbero notevolmente l’efficacia
delle terapie riabilitative e terapeutiche, è, di fatto, reso
quasi del tutto impossibile, dato l’alto costo dei medicinali
in questione. Costo non previsto dal piano della Regione che continua
a disporre la spesa farmaceutica, circa l’80%, in farmaci molto
meno efficaci.
Sino ad ora l’opinione pubblica era avvertita essenzialmente della
grande tragedia che si vive nei paesi del cosìdetto Terzo mondo,
dove, per la politica dei prezzi, condotta dalle grandi case farmaceutiche
multinazionali, milioni di persone non potevano accedere ai farmaci.
Caso eclatante: quelli per curare l’AIDS. Oggi scopriamo che anche
nel mondo industrializzato, in Italia, a Napoli, si pone un problema
analogo e proprio rispetto alla malattia che più delle altre
colpisce la nostra società: il cancro. (Maria Federica
Paolozzi)
“Fiscalità di vantaggio per il
Centro storico, il dibattito all’assise di Palazzo Marigliano”
Convegno su come tutelare l’area dichiarata patrimonio dell’umanità
dall’Unesco.
Da “Napoli più”26 febbraio 2006
“Puntate su arte e cultura, sono i vostri tesori”. Queste
le parole che il Presidente della Repubblica Ciampi rivolse con forza
alla cittadinanza nella sua ultima visita a Napoli. Dall’assise
di Palazzo Marigliano si dibatte sull’esigenza che lo Stato adotti
una fiscalità di vantaggio per i centri storici di quelle città
che, come Napoli, sono riconosciute dall’Unesco patrimonio mondiale
dell’umanità. Come bene pubblico e collettivo, la gestione,
la valorizzazione e la tutela del centro storico non può essere
responsabilità delle sole Regione, né è possibile
dividere arbitrariamente tali compiti tra autonomia regionale ed obbligo
statale. Attualmente il governo non prende in esame l’attuazione
della fiscalità di vantaggio perché ciò causerebbe
un’ iniquità nella spesa prevista per le Regioni, deviando
così dalle previsioni normative europee.Ma ll'art. 151 del Trattato
istitutivo della comunità europea, promuove chiaramente "la
conservazione e la salvaguardia del patrimonio culturale d'importanza
europea".
L’appello rivolto al sindaco Rosa Russo Iervolino ha già
prodotto due effetti: una delibera approvata all’unanimità
in Consiglio comunale per l’adozione della fiscalità di
vantaggio, ed un grande convegno organizzato a Venezia che ha portato
la questione all’attenzione del Ministero per i Beni Culturali.
Ma perché la fiscalità di vantaggio per i centri storici
è così essenziale per lo sviluppo del Mezzogiorno? Uno
dei maggiori motivi di crisi per l’economia italiana in generale,
spiega Raffaele Raimondi, Presidente del Comitato Centro Storico Di
Napoli UNESCO, è la questione che può essere sintetizzata
come “ricatto della delocalizzazione”: del made in italy
molto spesso viene concepito il design , ma la produzione del prodotto
viene delocalizzata nei paesi dell’Est Europeo con l’evidente
risultato di un aumento della disoccupazione e di una forte ondata migratoria
anche di alta qualità. I prodotti sono realizzabili in tutti
i luoghi e da chiunque. Differente è il discorso per quelle attività,
soprattutto le risorse culturali, che sono fortemente radicate nel territorio.
E’ indispensabile che tali risorse siano incoraggiate dalla politica.
E’ bene ricordare a tal proposito , prosegue Raimondi, che il
turismo nel Mezzogiorno non può essere più basato sul
“sole” e sul “mare, almeno non solo ed esclusivamente,
perché esistono mete turistiche che offrono questo stesso prodotto
a prezzi più accessibili e fornendo servizi migliori.
Il Progetto Sirena ,promosso dal Comune per il recupero del centro storico
partenopeo, ha un grande limite, come afferma Alberto Lucarelli, quello
di non essersi poggiato su di un indirizzo politico saldo: non basta
un progetto, è necessario un ampio lavoro di programmazione e
pianificazione culturale e sociale. Il rischio è che i progetti
di legge regionali si possano orientare su di un modello di urbanistica
“contrattata”, su di un modello flessibile ed ingannevole
il cui strumento prevalente non coincide con un atto pubblico. Si richiede,
pertanto, un modello pubblicistico che operi una forte riflessione e
faccia propri principi chiari e non contingenti perché risulta
evidente che i processi di privatizzazione dei programmi di riqualificazione,
non fanno che creare iniquità intollerabili.
Maria Federica Paolozzi
“Il piano regolatore è una ricchezza
per la città”
Decima riunione dell’Assise di Palazzo marigliano. Professionisti
e intellettuali difendono il Prg e criticano le leggi obiettivo del
governo.
Da “Napoli più” 12 marzo 2006
Il piano regolatore generale di Napoli, al di là di
alcuni interventi di miglioramento, rappresenta una sintesi dei diversi
interessi, una ricchezza per il bene pubblico ed una scelta strategica
per lo sviluppo della città. Il ruolo della società civile
e degli intellettuali non deve giocare più, come spesso accade,
sulla difensiva, ma deve costituire una forza propulsiva e di pressione
per l’attuazione del piano regolatore.
Su questa linea concordano all’unanimità le personalità
intervenute alla decima riunione dell’ Assise di Palazzo Marigliano.
Ordine del giorno: “attuazione del piano regolatore di Napoli,
il centro storico e l’avvenire di Bagnoli".
Tanti gli elogi per il Parco delle Colline di Napoli nato in attuazione
del Piano, che ricopre un quinto del territorio comunale e costituisce
una delle poche aree protette presenti in Italia, ma tanti anche gli
spunti di dibattito. Innanzitutto, osserva Nicola Capone, segretario
generale della Società di Studi Politici, la salvaguardia di
un’idea forte di pianificazione pubblica contro la logica del
“pianificar facendo”, frutto di una tendenza che agisce
“spezzettando” la città. Bisogna poi porre attenzione
alle scelte politiche che si trovano a monte del piano regolatore che
rappresenta, spiega il filosofo Antonio Di Gennaro, la traduzione di
un’ipotesi politica. E questa ipotesi è la mancanza di
spazi e di servizi pubblici, per cui anche l’azione privata deve
essere regolata in funzione dell’interesse generale della popolazione.
Proprio per questa ragione è nato l’Osservatorio campano
per le politiche territoriali.
E’ urgente che il piano venga attuato al più presto, sottolinea
l’esponente del WWF Campania Enzo Russo, altrimenti si rischia
di invecchiare attorno ad inutili e ripetute discussioni. Il dato preoccupante
per l’attuazione del Piano riguarda il ritardo dovuto alla scarsa
serietà dell’amministrazione a proposito del concorso di
progettazione. Pur costituendo un momento decisivo di scelta con forti
connotati di democraticità, è paradossale il fatto che
sia previsto l’annullamento del risultato del nuovo concorso a
seguito del ricorso dei partecipanti al vecchio. L’attuazione
potrebbe slittare, così, all’infinito.
Accanto al tema prioritario dell’attuazione, va lanciato un appello
alla Regione per la stesura di un piano provinciale che si occupi della
salvaguardia e della difesa delle zone rurali e dei centri storici dei
comuni campani dalla ristrutturazione edilizia. Nel Piano territoriale
della Provincia, spiega l’architetto Luigi De Falco, non vi è
alcun riferimento alla tutela, ma solo indicazioni di spazi e finanziamenti
per la trasformazione del territorio, lasciata all’iniziativa
delle circoscrizioni, senza il minimo accenno ad un intervento di coordinamento.
Le conseguenze, a cui porre necessariamente rimedio, sono state, ad
esempio, l’uso improprio della cartellonistica pubblicitaria e
una sfrenata azione di costruzione di aree industriali e residenziali.
Altra emergenza, sollevata dall’architetto Carlo Iannello, riguarda
la pericolosa logica delle Leggi Obiettivo del governo che non devono
assolutamente essere inserite nel piano regolatore.. Il concetto principale
che sottende tali leggi è l’identificazione dell’interesse
pubblico prioritario con l’attuazione dell’opera. Tutto
il resto, tutela del territorio, dell’ambiente e richieste sociali,
non ha ascolto.
Maria Federica Paolozzi